Leonardo e Ludovico il Moro.
“La dama con l’ermellino”, il dipinto databile fra il 1488 e il 1490 raffigura Cecilia Gallerani, la giovane amante del Duca, splendido esempio di ritrattistica al quale Bernardo Bellincioni, poeta della seconda metà del Quattrocento, dedicherà un sonetto.
“Di che ti adiri? A chi invidia hai, Natura?
Al Vinci che ha ritratto una
tua stella: Cecilia! Sì bellissima oggi è
quella
che ai suoi begli occhi el sol par
ombra oscura…
Ringraziar dunque Ludovico
or puoi
e l’ingegno e la man di
Leonardo…”
E ancora l’attività dell’artista presso il Castello Sforzesco nel torrione nord-est per la decorazione della Sala delle Asse “Intrecci vegetali e gelsi”, alberi rami foglie frutti radici e un pergolato che riempie tutta la volta, che Leonardo concluderà, come assicura con una lettera del 21 aprile 1498 il cancelliere Gualtiero da Bascapè al Moro “Magistro Leonardo promete finirla per tuto Septembre.”
La decorazione è uno degli apici della pittura leonardesca, con la stessa sperimentazione della tempera sul muro che Leonardo riserva al Cenacolo in Santa Maria delle Grazie.
Il Cenacolo.
La Basilica di Santa Maria delle Grazie viene costruita secondo i disegni e la progettualità dell’architetto Guiniforte Solari per l’Ordine dei Domenicani e sarà terminata nel 1482; dieci anni dopo Ludovico il Moro darà incarico al Bramante di realizzare la meravigliosa cupola quale mausoleo di famiglia.
Nel 1495 arriverà Leonardo, chiamato ad affrescare il refettorio dei Frati con l’immagine dell’Ultima Cena di Gesù con gli apostoli.
E sarà il capolavoro assoluto, universale.
L’artista si aggira dopo il tramonto nei bassifondi di Milano alla ricerca di modelli, i cui volti avrebbero rappresentato i caratteri e i pensieri degli apostoli: chi sorride, chi ha lo sguardo maligno, chi ha un viso scavato dalle rughe.
Si scoprono le intenzioni di Leonardo per quanto attiene alla composizione, attraverso alcune sue note:
“Uno con le mani aperte mostra le palme di quelle e fa la bocca della meraviglia, un altro parla nell’orecchio e quello che l’ascolta si torce inverso a lui… l’altro posa le mani sopra della tavola e guarda… un altro si china e fassi ombra colla mano alli occhi…”
Per Gesù sceglierà, dopo molto tempo, dubbi ed incertezze, “un giovin Conte, quello del Chardinale del Mortaro.”
Il problema che lo porterà a decidere altrimenti – tragico errore – sarà rappresentato dalla pittura murale: avrebbe dovuto essere eseguita a fresco, intonaco e colore insieme per asciugare contemporaneamente e formare un tutto unico. Ma non era questo il ritmo di Leonardo, all’esecuzione veloce il maestro opponeva i ripensamenti e la spasmodica ricerca della perfezione in ogni particolare. Quindi la sua scelta cadrà sull’utilizzo dei colori a tempera che gli avrebbero permesso di dipingere con l’abituale lentezza. Ma che, come sappiamo, saranno la rovina dell’Ultima Cena.