Con molto coraggio e molta amarezza per il giudizio espresso su Milano, segnalo una delle lettere del poeta inviate al padre, ai fratelli e a qualche amico di Recanati e di Bologna, durante il suo soggiorno a Milano fra agosto e settembre 1825.
Purtroppo sono tutte sullo stesso tono…
“Mi trovo qui di malissima voglia, ricaduto nella mia vecchia e consueta malinconia, senza un solo amico. Qui non ho conosciuto ancora se non pochissime persone di merito e tra queste niuna che mi pare disposta a concedermi la sua amicizia, eccetto il Cavalier Vincenzo Monti che mi ha trattato molto benignamente e mi ha dato licenza di vederlo spesso. Ma credo che non lo vedrò perché in quella prima visita volli propriamente sputar sangue per parlargli in modo che egli mi potesse intendere; in verità non ho forza di petto che basti per conversare con lui neanche un quarto d’ora, per questa sua sordità spaventosa.
Io vivo qui poco volentieri e per lo più in casa; Milano è veramente insociale e non avendo affari, non si può fare altra vita di quella del letterato solitario.
L’aria, il cibo e le bevande di Milano sono il rovescio di quello che mi abbisognerebbe, e forse le peggiori del mondo. La città è piena di gente e di fracasso che è un inferno, in Milano nessuno pensa a voi e ciascuno vive a suo modo.
Né Milano né una casa d’altri sono soggiorni buoni per me.
Benchè Antonio Stella (il suo editore milanese e mecenate, con bottega in contrada Santa Margherita N°1066) mi usi tutte le cortesie possibili”.
Giovanna Ferrante