Ambrogio, un trentenne dalla forte personalità e da una considerevole autorevolezza, con alle spalle un intenso impegno negli studi e una ragguardevole esperienza professionale, è preparato al suo ruolo pubblico e di grande prestigio, Governatore.
Quello a cui non è preparato è Milano.
Qualche giorno dopo il suo arrivo, nel primo pomeriggio il governatore Ambrogio decide di passeggiare percorrendo le strade cittadine.
Alcune di queste sono fiancheggiate da prati d’un verde invitante per corse libere e felici, l’aria è tiepida e profumata, l’azzurro del cielo è percorso da nuvole leggere con sfumature di delicate tonalità.
La Milano del 370 si spalanca davanti ai suoi occhi.
“Accanto a queste prime suggestive immagini, Milano mi offre uno spettacolo di forza, ricchezza e potere, quest’ultimo sottolineato dall’essere residenza imperiale.
E’ circondata da imponenti mura, i palazzi pubblici, le terme, il teatro, il circo, la rendono una città architettonicamente imponente. Le eleganti abitazioni private ne sottolineano la raffinatezza, le numerose botteghe ne assecondano la vitalità, è uno snodo commerciale e politico di primaria importanza. Milano mi affascina”.
Questo è il suo primo pensiero.
Ambrogio non è nato in questa città ma ne sente il battito del cuore, gli sembra stia parlando proprio a lui, raccontandogli il mistero della vita: “Io faccio parte di te. Ti aspettavo, sono il il tuo destino”.
Rientra che è ormai sera, si siede e inizia a scrivere, quasi avesse urgenza di fissare le sue prime sensazioni milanesi, le sue prime riflessioni sulle quali si era soffermato passeggiando.
“Sono molto stanco, ho esagerato nel voler vedere il più possibile non tenendo conto della tua dimensione, città per me nuova e affascinante.
E così, Milano, ci siamo presentati.
Io, un uomo al quale sono state affidate pesanti responsabilità in questa nuova destinazione, ma che scompaio nel vortice di altre mille e mille vite fatte di giorni impegnativi ma nulla di più, fragili come siamo nella nostra condizione umana così limitata nel tempo.
Tu, città influente e prestigiosa eppure fraterna, che mi accogli con slancio generoso e confortante seppure giganteggi per la tua dimensione e i profili dei tuoi edifici.
Confido nella tua forza, che possa sostenermi mentre cercherò di accrescere la mia.
Ora, nel silenzio di questa stanza, ho gli occhi ancora colmi di ciò che ho visto poco fa.
Le tue mura, il Foro dove eserciterò il mio mandato, le tue Porte, il Teatro, le Terme, il Circo; città mia nuova dimora”.
(brano tratto dal libro “STORIA DI AMBROGIO”)
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Buona festa a tutti noi Milanesi!
Giovanna