LE 5 GIORNATE DI MILANO
PARTE SECONDA
Contrada dei Tre Monasteri, 21 marzo.
Dirige l’assalto Augusto Anfossi, comandante di tutte le forze attive, armato di pistola e di una scimitarra turca trovata chissà dove.
Al suo fianco Manfredo Camperio, Luciano Manara, Agostino Bertani e il giovane chierico Giovanni Battista Zafferoni.
Per sfondare la porta dell’edificio del Genio Militare austriaco devono riuscire a piazzare un piccolo cannone sul balcone del palazzo di fronte, sede del Monte di Pietà.
…Erano riusciti a portare su il cannoncino e a posizionarlo, ma di là i militari sparavano senza risparmio, di qua si cercava di rispondere; nella concitazione del momento il cannoncino sembrava più d’impiccio che d’utilità.
Un sibilo di pallottola. Sangue che schizza. Un corpo che in un sussulto, si abbandona all’indietro. Il proiettile ha ucciso Augusto Anfossi.
Manfredo Camperio urlando tutta la sua furia scende in strada armato di un’accetta, arma improbabile per abbattere il portone del Genio.
D’improvviso fra urla, ordini gridati, spari, fumo, il passo lento e incerto d’uno sciancato.
E’ a questo punto che Pasquale Sottocorno entra in scena.
Il ciabattino lascia il suo dischetto con appoggiata sopra la scarpa che stava riparando e si avvia verso il mastodontico palazzo occupato dalle forze austriache…
E’ come se il tempo si fosse fermato – i nemici irridenti, i patrioti sgomenti – tutti ipnotizzati dal suo gesto.
Poi sarà una vampa di fuoco, poi saranno le mani alzate degli austriaci che sventolano un fazzoletto bianco segno della resa dei centosessanta uomini del presidio.
Eroica azione che renderà per sempre immortale
il nome di Pasquale Sottocorno.
Colui che al di sopra della vita colloca l’onor del trionfo,
uscito illeso dal pericolo al quale si era esposto
con la morale certezza della morte.
Tratto dal mio libro “Quei giorni di libertà”