Nel mese di aprile ricorre il bicentenario della nascita di Carlo Maciachini, l’architetto che, tra le tante opere, progettò lo splendido cimitero Monumentale di Milano. Prima cimitero aperto a tutti i milanesi “a tutte le forme e tutte le fortune”. Nel corso degli anni è diventato inno alla milanesità. Un pezzo di storia di Milano.
Fin dal 1600 vi erano tanti piccoli cimiteri a Milano realizzati attorno alle chiese, com’era d’uso anche nel resto d’Europa.
Solo l’Ospedale Maggiore – il Cà Granda – disponeva di un suo proprio cimitero, per i propri defunti e per i morti che vi arrivavano da altri ospedali, detto il “Foppone”, molto più grande delle altre “foppe” (le fosse, in dialetto) che sarebbe poi diventato, con diverso utilizzo, la Rotonda della Besana.
Passano i secoli. Per ragioni igienico-sanitarie devono essere smantellati i piccoli cimiteri: quello di San Rocco al Vigentino, quello di Porta Garibaldi, il Gentilino in Ticinese, quello di Porta Vittoria e il Fopponino appena fuori le mura spagnole di Porta Vercellina. Perché realizzati dov’era prima la periferia, ora sono inglobati nei nuovi quartieri.
Quindi si sceglie una zona limitrofa alla Certosa di Garegnano e nel 1886 si inizia a costruire il Cimitero Maggiore, che il 26 dicembre 1895 verrà benedetto dal Cardinale Andrea Carlo Ferrari.
Il Comune di Milano però anni prima – nel 1863 – aveva promosso un Concorso pubblico per la realizzazione di un cimitero monumentale.
Ed eccolo il vincitore: Carlo Maciachini di Induno Olona, nato il 2 aprile 1818 in una famiglia contadina, arrivato a Milano per frequentare l’Accademia di Brera, diplomato in Architettura e Ornato, ebanista e intagliatore con bottega in Porta Vercellina.
Il suo progetto vince su tutti gli altri, la giuria è concorde nel ritenerlo il migliore! Seppure i più autorevoli componenti della giuria stessa – il Sindaco Antonio Beretta e l’architetto Giovanni Balzaretti che sarà l’autore della parte scenografica dei Giardini Pubblici di via Palestro – devono combattere verbalmente contro il potente architetto Camillo Boito, aggressivamente contrario. E certo, anche se componente della giuria, concorre anch’egli con un suo progetto e non è affatto disposto a non essere il vincitore.
Come sarebbe diventato il Cimitero Monumentale nella visione di Carlo Maciachini? Lo aveva pensato come un grande parco che rimandasse all’ immagine dei vasti giardini nobili del Seicento e del Settecento, nel quale tutto il patrimonio di altissimo valore artistico rappresentato dalle sculture, le edicole, i monumenti funebri, sarebbe stato inserito in modo armonioso; un luogo dove si potesse anche passeggiare fra viali, piazzuole, siepi divisorie, aiuole fiorite e, di tanto in tanto, trovare panchine per riposare.
Il Cimitero Monumentale verrà inaugurato solennemente il 2 novembre 1866, con la benedizione di monsignor Giuseppe Calvi.
Da quel momento, monumenti e cappelle testimonieranno che insigni e nobili cittadini milanesi erano passati a miglior vita, che la loro tomba aveva superato l’esame della Commissione dell’Accademia di Brera per la valutazione stilistica della stessa, e che quindi avevano ottenuto l’onore di essere accolti fra quelle mura prestigiose.
La visita al Monumentale il giorno dedicato al ricordo dei defunti – 2 novembre – era un rito irrinunciabile per tutta la città, per vedere com’era cresciuta la magnificenza dei monumenti conservati al suo interno.
Del resto le classi privilegiate, a testimonianza della loro grandezza, dovevano poter dimostrare tre privilegi:
“Una panca in Duomo, un palco alla Scala, la tomba al Monumentale”
E la tomba nel suo Monumentale l’avrà anche Carlo Maciachini.
Semplice, disegnata personalmente, posizionata nella Galleria AB Inferiore di Ponente.
Lì riposa dal 10 giugno 1899, quando a Varese si concluse la sua avventura terrena.
IL FAMEDIO
“Tempio della Fama”, la costruzione di fronte alla cancellata d’ingresso, a cui si accede salendo la scalinata.
Avrebbe dovuto essere una chiesa – ne è ricordo la cupola ottagonale con pinnacolo – si preferì invece dedicare questo spazio quale luogo di tumulazione dei milanesi “illustri” e “benemeriti”.
A Famedio ancora incompleto – verrà terminato nel 1887 – in un sarcofago marmoreo verrà traslata la salma di Alessandro Manzoni, il cui corpo era stato imbalsamato dopo la morte dello scrittore avvenuta il 22 maggio 1873 alle ore 18,15.
Nel 1958 il sarcofago verrà collocato al centro del Famedio, sopra un basamento di bassorilievi, opera dello scultore Giannino Castiglioni.