Biki, minuta ma dalla presenza imperiosa. Biki, anima vitale ed energica.
Il suo vero nome è Elvira come la sua nonna materna, Elvira Leonardi, che dal marito ha avuto la figlia Fosca ma poi, risucchiata da una passione che fiammeggia e divampa per Giacomo Puccini, ha lasciato la casa coniugale portando con sé la bambina, per diventare la compagna e in seguito la moglie del compositore. Puccini, a questa nuova Elvira, la sua nipotina acquisita, darà il soprannome di Bicchi birichina.
Da quel vezzeggiativo, BIKI, il suo nome, il suo marchio, che durante la sua lunga parabola (nasce nel 1906 e muore nel 1999) la definisce nel mondo.
A 18 anni frequenta l’alta società, la Scala, i salotti nei quali si ritrovano Virginia Agnelli, la famiglia Toscanini, i Visconti di Modrone, Isadora Duncan.
Poi, nel 1933, tutto ha inizio. Incontra Vera Borea che ha un atelier a Parigi e che propone a lei e a Gina Cicogna di occuparsi delle sue collezioni sportive e balneari per il mercato italiano.
Questa prima avventura nell’ universo della moda – oltre alle collezioni di Vera Borea hanno realizzato anche loro personali creazioni di lingerie – avrà il marchio “DOMINA” ideato da Gabriele D’Annunzio, rilevante presenza alla prima sfilata nella primavera del 1934, presso l’atelier aperto in Via Senato.
D’Annunzio, con entusiasmo per la collezione d’intimo presentata, farà incetta di biancheria per la sua amante del periodo, la pianista Luisa Baccara; come sempre senza soldi e già gravato da debiti dei quali sarà sempre dimentico, pagherà il conto con un biglietto-elogio.
Aprile 1934
Le pieghe, gli intervalli, il tessuto piano e il merletto aereo, le cuciture, gli orli, sono elementi del ritmo esatto e dell’incognito indistinto, e perciò della Poesia.
Gabriele D’Annunzio
Conclusa questa breve stagione, Biki si mette in proprio e inizia a ideare modelli di lusso, abiti di gala e da gran sera.
La sua prima personale sfilata, il 5 maggio 1936, è un clamoroso successo. Diventa la sarta delle grandi signore milanesi, delle maggiori personalità del mondo della cultura e dello spettacolo, frequenta l’impero della finanza. Il suo stile? Dominato dalla fantasia, dall’ispirazione, modelli che si rifanno alla foggia del Cinquecento, straordinario pregio del taglio, inaspettato accostamento di colori, la preziosità del tessuto.
La sua vita sarà un tutt’uno casa e bottega in Via Sant’Andrea, per spaziare poi nel mondo.
Ma c’è un incrocio speciale che l’attende, quello dell’incontro che darà ulteriore senso alla sua arte sartoriale. E che cambierà due vite.
È il 1951, a casa di Wally Toscanini conosce Maria Callas, il soprano che diventerà la sua testimonial per eccellenza.
Biki che ama l’eleganza innata, che definisce con ammirazione “chic naturale” il gesto dell’Arcivescovo di Milano, il Cardinale Montini futuro Papa Paolo VI, visto un giorno in Arcivescovado che si ripara dagli spifferi avvolgendosi con una grande sciarpa, osserva la Callas.
Le ispira insofferenza e con spietata franchezza rivelerà di “essere stata colpita dalla sciatteria dell’abbigliamento e dalla goffaggine della cantante impacciata e sovrappeso”.
Dietro suggerimento/imposizione di Biki, Maria perde trenta chili ed è pronta per la trasformazione. A quel punto la sarta (detesta il termine stilista) offrirà tutta la sua dedizione a quella primadonna ormai filiforme, dalla voce divina, e diventerà il suo pigmalione per l’immagine:
abiti con plissé e drappeggi, scollatura a barca per dare armonia al potente décolleté, guanti lunghi, l’aria regale accentuata dal turbante, accessorio che Biki ama molto e che personalmente indossa spesso.
Biki è una delle fondatrici dell’alta moda, lavora indefessamente, per assecondare se stessa e il suo linguaggio interiore. Ma è anche sarta-imprenditrice, pioniera degli accordi con l’industria della moda lanciando la linea Cori-Biki, un importante contributo all’imprenditoria.
“Sono gli abiti a portare noi e non noi a portare gli abiti. Possiamo far sì che modellino bene braccia o seno, ma essi ci modellano il cuore, il cervello, la lingua”
Virginia Woolf