Virginia, la suor Virginia più nota come Monaca di Monza. Una storia travagliata che inizia e finisce a Milano. Una storia lunga e intrigante: molte sono le vicende criminali e un processo a cui fare cenno. Ho pensato perciò di proporvela in due puntate. Ecco la prima parte.
“E la sventurata rispose…”
15 dicembre 1574. Si celebrano le nozze solenni fra Martino de Leyva, considerevole la sua carriera militare e soprattutto importante la sua casata, il nonno Antonio Conte di Monza e in seguito Governatore spagnolo di Milano, nominato dall’Imperatore Carlo V.
La sposa è Virginia Marino, vedova di Ercole Pio di Savoia, e figlia di Tommaso Marino, l’uomo più ricco del suo tempo, ideatore e proprietario del Palazzo milanese che prenderà il suo nome. Gennaio 1576, il matrimonio è allietato dalla nascita di una bambina alla quale verrà dato il nome di Marianna. Poco dopo però il lutto si abbatte sulla famiglia, Virginia muore a causa della terribile peste che in quell’ anno e durante il successivo strazia la popolazione milanese. Marianna, orfana di madre, trascorre l’infanzia affidata ad una zia; il padre combatte nelle Fiandre ed è perennemente assente. Ma sarà proprio lui il fautore del destino atroce di sua figlia.
Dopo pochi anni infatti decide di risposarsi con una nobile spagnola – Donna Anna Viquez De Moncada – e il futuro suocero ottiene per lui l’incarico di Maestro di Campo Generale della Cavalleria, naturalmente però Martino de Leyva deve portare una contropartita, nello specifico un cospicuo patrimonio. Solo in un modo gli sarà possibile disporre di una somma considerevole: togliendo alla figlia Marianna la dote lasciatale in eredità dalla madre. E solo in un modo potrà attuare il suo disegno: avviando la figlia in convento. Il 15 marzo 1589 Marianna, tredicenne, veste l’abito monastico e sceglie il nome di Suor Virginia in ricordo della madre.
Passano gli anni. Alla storia si aggiunge un protagonista, Giò Paolo Osio, venticinquenne bello, ricco, ozioso, molti privilegi di nascita e molti successi con le fanciulle.
Ha già una macchia criminale sulla coscienza, è un omicida, ha ucciso il fiscale di Monza, Giuseppe Molteno, si è dato alla fuga per un anno. Ora è tornato nella dimora paterna che sorge proprio accanto al chiostro del convento dov’è monaca Virginia.
“Ho visto una giovane vestita da suora, ma con lo sguardo più intrigante di quello di una suora!”
Le invia regali, un mazzolino di violette in seta, un paio di guanti ricamati in filo d’oro; infine chiede un colloquio con quella giovane suora “per ragionar di cose sacre”. L’innamoramento reciproco, il desiderio, la passione. Diventano amanti, complici le suore Benedetta, Ottavia, Silvia, Candida Colomba, che lasciano il portone del convento aperto perché di notte Giò Paolo possa entrare. Il primo dramma è quello della nascita del loro bambino morto. Virginia è sconvolta, pensa che Dio l’abbia punita per aver spezzato il giuramento di castità, allontana l’amante, giura che mai più, mai più… L’amore poco dopo esplode nuovamente.
Virginia resta di nuovo incinta, nasce una bambina alla quale verranno imposti i nomi di Margherita Alba Francesca. L’ Osio la riconosce e con lui vivrà nel palazzo degli Osii, per la madre viene declinato un nome di fantasia. Il secondo dramma si avvicina. La conversa Caterina è in punizione. Siccome ritiene ingiusta la pena e sostiene di non aver fatto nulla per meritarla, gridando minaccia che parlerà con il Vicario delle monache, Monsignor Pietro Barca, Canonico della Collegiata di Sant’ Ambrogio, atteso da lì a qualche giorno. Sa ben lei quello che gli dirà, sa ben lei quello che accade in convento…Virginia e le monache sue complici sono terrorizzate. Se veramente Caterina parlasse, cosa verrebbe loro riservato?
Giò Paolo Osio ha la soluzione. Caterina deve essere uccisa. Ci penserà lui, a colpi di mazza, il corpo nascosto nel pollaio sotto una catasta di legno. Poi praticherà un foro nel muro di cinta del convento, per simulare la fuga della ragazza. Quando il Vicario riparte, sereno dopo l’incontro con le suore, il corpo fatto a pezzi viene sepolto nel giardino di Palazzo Osio. Però della frequente presenza di Osio in convento, a Monza si vocifera e molto. Lo speziale delle monache, che parla troppo, una sera al tramonto mentre sta rientrando a casa, viene sfiorato da un’ archibugiata. Al fabbro, spesso chiamato per dei lavori in convento, che dice d’aver visto con i suoi occhi, andrà meno bene, lo troveranno con la gola squarciata. Ormai la situazione, trasformatasi da amorosa in delittuosa, a Giò Paolo e a Virginia, è orribilmente sfuggita di mano.