Dalle memorie di Maria Cumani, l’inizio della loro storia d’amore
Sullo sfondo, Milano
Ho conosciuto Salvatore Quasimodo la sera del 28 maggio 1936, a casa del mio professore di Storia dell’Arte.
A serata terminata, egli mi accompagnò a casa. A piedi, lungo il viale alberato della circonvallazione: da Porta Vittoria a Porta Venezia, lungo la via Senato che da un lato ha la Villa Reale e dall’altro la lunga cancellata dei Giardini Pubblici. Cominciò subito a parlarmi “da poeta”. Io allora attraversavo un difficile travagliato momento della giovinezza dopo amori platonici e impossibili. Desideravo innamorarmi finalmente e pienamente: volevo essere attratta in eguale misura dal fisico, dal cuore, dalla mente. E da Salvatore Quasimodo ebbi l’impressione di essere capita quale veramente ero.
In Piazza Cavour mi disse “Ma lei è molto giovane”.
Per me già da quella prima sera, Salvatore Quasimodo divenne un’ossessione, dovevo pensare a lui, non potevo più liberarmene.
Settembre 1936 – Basilica di Sant’Ambrogio
Ci trovavamo nel bellissimo suggestivo quadriportico di Sant’Ambrogio. Eravamo particolarmente sereni, nonostante il nostro legame che andava rafforzandosi non ci permettesse un avvenire facile.
Ma ad ogni modo mi sentivo in armonia fuori e dentro di me.
Ricordo che indossavo una giacca tailleur di un verde intenso rifinita con il collo di velluto marrone come la gonna a profonde pieghe (ero elegante senz’altro, quasi da passerella!).
Egli mi guardava e a un certo punto mi prese la mano, mi condusse dentro la Basilica, mi fece inginocchiare e disse, sempre stringendo la mia mano:
“Ecco, ora Dio ci vede, ci comprende, e ci unisce in matrimonio!”
Sant’Ambrogio, il nostro rito matrimoniale senza sacerdote.
Inoltre Quasimodo era già sposato…
Giovanna Ferrante