Lunedì 7 Marzo 2022 ore 17 Diretta Facebook!
Il libro di un’amica, cara come per me è l’autrice Giovanna Ferrante, coinvolge molte dimensioni del mio essere.
Le scoperte della scienza oggi stanno confermando quello che da migliaia di anni molti uomini già ci avevano indicato, un’esperienza che è stata chiamata: mistica, parola che ha aiutato più a confondere che a comprendere, tanto da rendere per pochi l’esperienza di una dimensione umana che appartiene ad ognuno di noi: la dimensione di profondità.
Raimon Panikkar, uno dei maggiori fautori del dialogo interculturale e interreligioso scrive che la mistica è la dimensione integrale della vita, della nostra comune vita.
Tanto che ricorrendo all’esperienza di Dante, i primi versi della Commedia recitano: nel mezzo del cammin di nostra vita. La vita , il nostro cammino umano, mai finito…infinito.
Questi pensieri mi sono stati riportati al cuore leggendo il libro di Giovanna, un libro che in molte parti ha parole che non arrivano solo da Giovanna, ma da questa dimensione di profondità che tutto tocca e che la scienza di cui vi parlavo ha oggi chiamato “realtà sistemica”, ben differente dalla visione meccanicistica di causa – effetto in cui siamo ancora immersi, la realtà che la nuova fisica ci mostra è invece una realtà che si fa facendoci, dove tutto è relazione, non esiste nulla che non sia in relazione con qualcos’altro, potremmo dire che noi nasciamo con la cosa conosciuta.
Jung, uno dei maggiori pensatori del 900, che insieme a Freud ed Adler diedero vita alla psicanalisi e alla scoperta dell’inconscio – dove noi non siamo padroni in casa propria – chiamò la sua teoria analisi del profondo e così scrive nelle sue memorie: “Mi è sempre sembrato di dover rispondere a problemi che il destino aveva posto ai miei antenati e che non avevano ancora avuto risposta, o di dover portare a compimento, o anche solo a continuare, cose che le età precedenti avevano lasciate incompiute”.
Ecco, a mio sentire naturalmente, questo libro di Giovanna dà voce alle voci che noi pensiamo perdute, voci che invece non avevano potuto parlare, che erano state violentate da una cultura ancora troppo dura per cuori già aperti al nuovo.
Una cultura di guerra continua, dentro e fuori, giorni avvelenati di sangue e di quel potere che ancora ci difetta oggi, una volontà ferrea di cupidigia, incapace di riconoscere l’amore, ancora ciechi e sordi al dolore che troppo spesso procuriamo all’altro.
Ma in ogni tempo ci sono cuori che pulsano, cuori che sanno ascoltare, che hanno la capacità di rendersi vulnerabili al nemico, non di andare contro, ma incontro all’altro.
La nostra autrice ha la capacità di muovere i tanti sentimenti che ci formano, ci fa sentire e toccare con mano l’odio e il rancore, il rumore delle spade e gli zoccoli dei cavalli sulle pietre, ci sa far vedere le nuove architetture che da dentro iniziavano ad innalzarsi anche fuori e sa farci ritrovare il sapore vivo dell’innamoramento, quella spinta che ci invita a lasciare andare il vecchio e a spingerci nel rischio del nuovo, nell’avventura radicale della vita .
Teodolinda, la dama di ferro, perché duttile come questo metallo, capace di reggere il fuoco della passione e l’acqua delle lacrime, ha la capacità di tutto questo, ha quella capacità visionaria che oggi ci difetta, il coraggio di rischiare il nuovo là dove l’aria è più salubre, in quella cittadina della Brianza a me tanto cara: Monza, dove ho vissuto la mia infanzia.
Giovanna ha saputo farmi ripercorrere quelle vie che ancora oggi hanno tutta la memoria dell’ieri. Perché la memoria segna l’invisibile e l’invisibile ci tocca.
La materia di cui sono fatte le case, quel cotto lombardo che contiene il rosso di tutti i tramonti e l’armonia soave delle cascate del Lambro, che da sempre scorre sotto i suoi piccoli ponti. Una memoria che spezza fortunatamente le coordinate di spazio e tempo per riportarci alla nostra vera dimensione: cento per cento umana e cento per cento divina.
L’autrice si chiede che cosa sia la poesia, che cosa sia il talento e l’ispirazione, forse sono semplicemente la capacità di lasciarsi stupire continuamente dal Mistero che ci circonda e che chiede solo un cuore capace di ascolto.
Teodolinda non c’è più, con queste parole termina il romanzo, ma l’autrice continua:
eppure è viva nel solco della storia. I frammenti del ricordo ci dicono delle sue scelte, dei suoi ideali, del suo impegno, del suo essere sposa e madre. Ha percorso il mondo del suo tempo e le sue impronte mi hanno raggiunta. Mi è parso di sentire la sua voce che raccontava a me ….
E siamo tutti grati a Giovanna Ferrante che ha saputo portare in vita quella voce, la voce dei tanti amici Invisibili che ci circondano e che dobbiamo imparare ad ascoltare. Imparare a fare silenzio.