Al mare – tratto dal mio libro RINA, L’AMORE OSCURO
Siamo arrivati al mare.
No, nessuno, neanche Peppino può capire cosa ho dentro. Da fuori non si vede, ma dentro rido e piango tutto insieme.
Mi ha portata al mare, due giorni di vacanza, liberi da tutto, una festa per noi due in giornate di lavoro.
Io, la Rina, sono davanti al mare. Come faccio a crederci? Adesso mi sveglio e capisco che è tutto un sogno.
E invece no, non è un sogno. Sono proprio davanti al mare.
L’ho visto dal finestrino del treno, una striscia azzurra là in fondo che poi è diventata un triangolo fra le case che ne impedivano la vista. Adesso siamo sul lungomare, una strada lunga con le panchine e le aiuole fiorite e il mare è immenso infinito davanti ai miei occhi, e laggiù sembra toccare il cielo. Ma è stato dal quel finestrino del treno che ho visto il mare per la prima volta e vorrei avere le parole per spiegarlo, insomma è stato come sono tutte le prime volte, che non le dimentichi più perché ogni volta che si pensa a quella cosa è quel momento che viene in mente; per me il mare sarà sempre una striscia azzurra vista dal finestrino di un treno.
Anche se in questo momento è tutta un’altra cosa: è un dito d’acqua che arriva lentamente sulla spiaggia, e sono spruzzi alti e grandi quando le onde vanno contro gli scogli, e se poi lo si guarda tutto riempie gli occhi, è proprio senza fine.
Andiamo a spasso nelle stradine del paese che è piccolo come un presepe, ci sono botteghe, anche queste piccole piccole, la panetteria, il fruttivendolo, la merceria e una drogheria dove forse c’è di tutto, almeno viste le svariate confezioni che ci sono in vetrina; c’è una pescheria che ha il pesce esposto nelle ceste e ancora di muove, c’è la pensione di fronte al mare dove andremo a dormire, c’è la chiesa con i muri che sembrano dipinti a strisce bianche e nere e per arrivare al portone c’è una lunga scalinata e ai lati dei gradini ci sono due file di oleandri, e una volta arrivati su c’è uno slargo tutto fatto di sassi grigi neri bianchi che formano disegni.
È tutto così bello!
Sono sottobraccio a Peppino, lo guardo senza farmi accorgere, lui sta fumando una sigaretta, come mi piace quest’uomo, sono così innamorata e sto così bene dentro la mia vita che vorrei durasse cent’anni!
Glielo sussurro in un orecchio, lui mi bacia e mi dice: “Magari cento no, ma ne avremo tanti e tanti ancora”. Poi ridendo: “Siamo giovani e belli!”.
Si può essere più felici di così? Questi giorni di giugno dovremo festeggiarli come un anniversario, tornando qui ogni anno.
A cena siamo nella pescheria, che accanto all’ingresso ha una friggitoria. La porta è di legno fino a metà, la parte sopra è fatta di vetri un po’ appannati dal vapore dei fritti. Si entra, è un unico locale alla buona, con il pavimento di cemento, un lampadario che è fatto da una specie di copertura di metallo sopra nero e sotto bianco con una sola lampadina che fa una luce debole, sembra una di quelle luci appese per strada, e alcuni tavolini con le tovaglie a quadri bianchi e rossi; ci accomodiamo, non c’è scelta per le portate, ci portano una caraffa di vino bianco fresco e poi due piatti di fritto del giorno. È buonissimo, e pensare che dico sempre che non mi piace il pesce. Ci è talmente piaciuto che ne ordiniamo ancora un po’ e ci portano un altro piatto con due forchette. Non lo sanno il regalo che mi hanno fatto, sono come una ragazzina, mi sento in paradiso perché stiamo mangiando dallo stesso piatto io e il mio uomo!
La mattina dopo ci svegliamo in una festa di sole e di mare scintillante.
Alla pensione per colazione ci servono caffelatte con dei panini ancora caldi e una ciotolina di marmellata che fanno loro con la frutta dei loro alberi, hanno un terreno appena fuori dal paese.
Sono in quattro i proprietari, fratello e sorella e rispettivi coniugi, fanno tutto loro, del resto i clienti sono pochi, è un anno che siamo usciti dalla guerra, anche se lì non è stato un periodo tremendo come nelle città: “Ma proprio dalle città li aspettiamo i clienti, speriamo che tutti si ritrovi la voglia di vivere di nuovo. Ditelo ai milanesi che vi siete trovati bene da noi e che vi è piaciuto il paese”.
Andiamo a passeggiare in spiaggia, le scarpe in mano, i piedi nell’acqua.
Scherziamo, ridiamo, scappo e mi rincorri, mi prendi, ci baciamo.
Vorrei che fosse uguale e questo momento, l’eternità!
Siamo in stazione, stiamo aspettando il treno per il ritorno a Milano. Sono stata così bene, due giorni di felicità che non si può raccontare perché è troppa perfetta, speciale, da favola.
Sono talmente euforica che mi viene da piangere. Che scema!
Non sono mai cresciuta; con tutto quello che ho dovuto affrontare nella vita, piango perché sono felice. Mah, speriamo di non dovere mai piangere di dolore.
(brano tratto dal mio libro RINA, L’AMORE OSCURO)
Giovanna Ferrante