D’improvviso un pianto, la prima voce di una nuova vita.
Sono già dentro la grotta, mi inginocchio al fianco di Maria che ha il viso sudato, arrossato, ma mi guarda felice; e lì c’è nostro figlio. E’ Lui.
Lo sollevo con mani tremanti, com’è piccolo, fragilissimo, non pesa nulla, mi sembra d’avere fra le mani solo i pezzi di stoffa che lo avvolgono.
E’ nato. Tutto ciò che è stato fra noi, tutto quello che io e Maria ci siamo detti, tutti i luoghi attraversati, tutti i giorni che abbiamo vissuto insieme, tutto si è materializzato adesso in questo bambino. Questo bambino è tutto.
D’ora in poi nulla sarà più come prima. No, non dico per la storia degli uomini, per la redenzione che in ognuno d’ogni tempo sarà scintilla divina entro la vicenda umana.
No, dico per me. La mia vita precedente non è più. Ora io sono un nuovo Giuseppe. Sono tuo padre. Ho una nuova meravigliosa responsabilità, responsabilità di padre.
Provo un sentimento d’amore che non ho mai provato. Sei tutto per me, bambino, tutto. Quante cose faremo insieme, quante cose scopriremo insieme, quante cose ci entusiasmeranno, figlio.
Figlio. Nonostante la Tua incarnazione prodigiosa sei mio figlio. Io, tuo padre. Dio mi comprende, ne sono certo, e permette che io, padre putativo per Suo stesso volere, solo per questa notte, mi senta padre, compiutamente padre, padre e basta.