Incontriamolo nei giorni della frequentazione della prima ginnasiale al Reale Collegio Cicognini di Prato.
Studente brillante, intelligente, desideroso di primeggiare; ma ribelle, irrequieto, insofferente alle regole.
A 15 anni scrive “Mi piace la lode, mi piace la gloria”.
Si ritrova, un pomeriggio, a leggere le Odi Barbare di Carducci ed ecco l’incontro fatale con la poesia.
“In quei giorni divorai il volume, con una eccitazione strana e febbrile. Subentrò in me la smania per la poesia”.
Il 14 novembre 1880 esce – in seconda edizione – “corretta con penna e con fuoco” Primo Vere (alcuni componimenti tratti dalla prima edizione e altre 43 nuove composizioni, definiti “Il primo incontro con il maggior impegno della mia vita”).
Per enfatizzare se stesso, giovanissimo poeta stroncato dal fulmine di un tragico destino, fa precedere l’uscita del libro dall’annuncio della sua morte per una caduta da cavallo, ovviamente subito smentita dopo l’eco suscitata!
Poi sarà il poeta, il narratore, il drammaturgo de La pioggia nel pineto, La città morta, Il fuoco, La figlia di Jorio, Il piacere, La fiaccola sotto il moggio.
Poi saranno gli amori roventi e appassionati. Il primo, nel 1881, con Giselda Zucconi travolta da “baci selvaggi, i miei baci di fiera innamorata”, diciassettenne fiorentina figlia di un suo insegnante “Tu fremerai, piangerai, riderai nelle mie strofe”, e il risultato sarà Canto Novo. Due anni dopo, ventenne, scrive alla ragazza la sua lettera d’addio.
Eccolo a Roma, dove conquista facilmente l’ambiente culturale e mondano, fra ricevimenti, concerti, mostre d’arte, serate di ballo, accademie di scherma.
A vent’anni incarna quasi un personaggio dei suoi futuri romanzi. Come il dandy Andrea Sperelli protagonista de Il piacere. Debiti contratti senza timore e senza pensieri per acquistare tutto ciò che sempre lo inebrierà: fiori, quadri, arazzi, il suo vasto guardaroba, i profumi penetranti, le “amate superfluità”. E’ ormai introdotto a pieno titolo nella società che ha sempre sognato della quale coglierà uno dei fiori più belli, la duchessina Maria di Gallese. Contro tutto e tutti si sposano il 28 luglio 1883, assenti le famiglie degli sposi.
Le nozze saranno coronate da figli, ma nel 1890 si arriva alla separazione.
È per D’Annunzio il tempo del grande amore per Barbara Leoni, che riaccende in lui l’entusiasmo artistico e creativo.
Segue un periodo di gravi disagi finanziari, il poeta oberato dai debiti, i creditori infuriati ai quali cerca di sottrarsi, l’editore, il Treves, al quale continua a chiedere anticipi su romanzi non ancora iniziati; ma anche la gioia per una nuova fiamma, Maria Gravina. Poi Alessandra Di Rudinì, e altre e altre ancora.
Fra le tante lei, la più importante, Eleonora Duse. Nel loro primo incontro l’attrice “si abbandona al suo sguardo, a quegli occhi chiari e gode della lusinga che essi esprimono”. Dirà alla fine della loro storia tormentata “Gli perdono di avermi sfruttata, rovinata, umiliata. Gli perdono tutto perché ho amato”.
Gabriele D’Annunzio, singolare sia l’uomo che l’artista capace di offrire nelle pagine delle sue opere un suggestivo dinamismo della parola, la cui vastissima produzione poetica, narrativa, drammatica, è stata tradotta in tutte le lingue.