Camilla Cederna, la giornalista milanese che raccontò la Milano elegante e la Milano dell’orrore, tra i nomi incisi sulle tombe del Cimitero Monumentale di Milano.
Suo padre Giulio è un industriale milanese, la madre Ersilia – figlia di Luigi Gabba ingegnere e professore al Politecnico – è una delle prime donne laureate in Italia (nel suo caso in germanistica). Camilla (1911-1997) si laurea in Letteratura Latina, quindi entrerà nel mondo del giornalismo nel 1939 con un primo articolo sul quotidiano milanese L’Ambrosiano, dedicato alla pasticceria Motta aperta in Piazza Duomo.
Farà poi parte della redazione dell’Europeo, in seguito inviata dell’Espresso per il quale firma anche la rubrica “Il lato debole”, articoli come dirà “sulla società dai molti vizi e dalle rare virtù”, successivamente la sua collaborazione sarà con Panorama. È una autentica signora della borghesia milanese, nell’aspetto e nello stile, che scrive deliziosi articoli di costume; ma l’universo borghese la allontanerà quando il suo passaggio, ideologico e concreto nella professione di giornalista, sarà dai salotti chic alla rabbia civile, autentica inesorabile testimone del suo tempo.
12 Dicembre 1969. Un ordigno esplode alle 16,37. Una voragine nel grande salone della Banca Nazionale dell’Agricoltura. La strage di Piazza Fontana. Si conteranno 17 morti e 95 feriti.
Dal suo articolo del 21 Dicembre: “I funerali delle vittime. Cinque ore in Duomo in piedi per vedere e per sentire, poi a casa a scrivere uno degli articoli più difficili della mia carriera. E adesso a letto con il sonno che non arriva”. Arriverà invece una telefonata. “Sei già a letto? Fra cinque minuti davanti al tuo cancello. Non farti aspettare. Un uomo si è buttato da una finestra della Questura. Andiamo a vedere”. Sono Corrado Stajano e Gianpaolo Pansa. Il corpo sul selciato è quello di Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico. Seguirà il libro firmato dalla Cederna “Pinelli. Una finestra sulla strage”, pagine che sono un’accusa durissima contro il commissario Luigi Calabresi.
E in seguito all’omicidio dello stesso Calabresi, il Prefetto Libero Mazza accuserà lei di esserne stata la mandante morale. Denuncia. Processi. Così come la denuncia per diffamazione da parte dei figli del Presidente Giovanni Leone, per gli articoli apparsi su L’Espresso, raccolti ed ampliati successivamente nel suo libro – del 1978 – “La carriera di un Presidente”. Una campagna stampa ostile e feroce nei confronti di Giovanni Leone
Le sue amicizie discutibili nella finanza d’assalto, il suo essere considerato il personaggio-chiave dello scandalo Lockheed, l’illecito acquisto degli Hercules C130, il ruolo nella tragica vicenda del rapimento e dell’assassinio di Aldo Moro. Camilla Cederna perderà in tutti i tre gradi di giudizio, condannata per diffamazione, multe a suo carico e a carico del periodico L’Espresso; decretata inoltre la distruzione di tutte le copie rimaste del libro.
Ma le 600.000 copie vendute porteranno il 15 giugno 1978 alle dimissioni di Giovanni Leone dalla più alta carica dello Stato. Solo nel 1998 verrà integralmente riabilitato.
Camilla Cederna, la giornalista. Due donne in una. Perché in lei c’è anche il piacere della scrittura che racconta – taccuino e stilografica – del mondo della moda, dell’evento del 7 dicembre che significa la Prima della Scala.
E c’è la sua accuratezza nel vestire, nel trucco leggero, nell’acconciatura E il suo elegante appartamento accanto al Teatro Strehler.
Non si è mai sposata, lo ha sempre condiviso con la madre e con i suoi amatissimi gatti, le immagini dei felini domestici riprodotte sui cuscini, sui foulard. Senza dimenticare il suo profondo amore per la lettura. Che è apprendimento, approfondimento, scoperta, cultura, fantasia, sogno. La possibilità, leggendo, di attraversare tante altre vite. A proposito dei libri e della lettura dirà:
“La gente, drogata dal telecomando, legge sempre molto meno.
Mentre leggere è vivere e chi non legge più è colto da asfissia morale e culturale”.
Camilla Cederna muore nel mese di novembre del 1997. Le sue ceneri verranno tumulate al Cimitero Monumentale, nella tomba che accoglie altri componenti della sua famiglia e le due sorelle, Luisa morta a 9 mesi e Rachele deceduta a 21 anni a causa di una cruenta forma di scarlattina.