Ecco a Voi un mio racconto inedito. “El Gamba de Legn”. Buona lettura.
Giovanna
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Ascoltate signore e signori, ascoltate attentamente. Li sentite? Passi solitari all’angolo di viale Col di Lana. Passi che producono uno strano rumore.
Subito dopo uno sferragliare conosciuto, il trambusto e la suggestione del rumore provocato da “El Gamba de Legn”.
Eccolo, lo vedete? Sbuca da corso San Gottardo in piazza di Porta Ticinese per svoltare in viale Col di Lana; quasi sempre a causa della curva il convoglio slitta sui binari. E proprio accanto alla curva c’è una tripperia. “Trippa con fagioli centesimi venti, un bicchiere centesimi dieci” dice a voce alta, invitante, il padrone del locale, faccia rubiconda e grembiule bianco annodato in vita, che intanto che i viaggiatori scendono dal tramvai bisogna cercare di farli diventare clienti.
Signore e signori, la storia del “Gamba de Legn” inizia il 9 settembre 1878, con l’atto di concessione per la costruzione di una tramvia a vapore tra Milano e Magenta. Di 23 Km di lunghezza, con una diramazione da Sedriano a Castano Primo.
Il capolinea milanese viene situato nell’odierno Piazzale Baracca sino al 1911, quando viene spostato all’interno del deposito carrozze di Corso Vercelli.
La velocità massima del convoglio, composto da una piccola locomotiva che sbuffa, fischia e cigola e da diverse carrozze sferraglianti stipate di lavoratori, è fissata inderogabilmente a 15 Km/h in campagna, 10 Km/h entro i confini di Milano,
Km 5 in caso di nebbia, traffico, motivi straordinari di ordine pubblico.
Mano al borsellino, signore e signori, il biglietto costa 7 centesimi per chilometro in prima classe e 4 centesimi in seconda.
Prima fermata nel sobborgo di San Pietro in Sala – limite estremo dell’abitato di Milano (ora per noi è Piazza Wagner) – poi il Molinazzo, l’abitato di Trenno, Baggio, Cascina Olona, Sedriano dove c’è lo scambio. Il ramo principale per Vittuone, Corbetta, Magenta. L’altro, verso Inveruno e Castano, attraversa le zone di coltivazione del gelso così importante qui da noi per l’alimentazione dei bachi da seta.
In inverno, pochi centimetri di neve e il tram non può far servizio, o se eroicamente tenta l’avventura del lungo e periglioso viaggio, i viaggiatori devono adattarsi a dar man forte ai tranvieri affinché il convoglio riprenda la corsa quando si ferma perché non ce la fa più…
Certo, per il Ministero dei Lavori Pubblici è una gran preoccupazione questo tramvai.
Le cautele per proteggere la vita umana dal fumigante convoglio non sono mai troppe, la grossa novità di un mezzo meccanico che si muove su una strada comune non è da prendere alla leggera; una circolare del Ministero dei Lavori Pubblici inviata dal Prefetto in data 20 giugno 1879 stabilisce che “i convogli debbono rallentare o anche fermarsi durante il passaggio nelle vie della città se l’arrivo del treno, spaventando cavalli o altri animali, possa cagionare disordini o addirittura una disgrazia.”
Una disgrazia. Ricordate i passi solitari che producono uno strano rumore?
Eccolo, è lui, è questo l’uomo dall’incedere singolare.
Era un manovratore, venne travolto durante l’agganciamento del tramvai e riportò lo schiacciamento della gamba che gli venne amputata. Nessun diritto, nessuna garanzia ai lavoratori infortunati, sicché fu una grazia per lui che la Società esercente delle Tramvie lo tenesse al suo servizio dandogli l’incarico di far da staffetta ai treni nel loro passaggio per le vie della città.
E così, barcollando sul moncone di legno, cammina davanti al convoglio agitando la bandiera e facendo squillare la trombetta d’allarme, vivente simbolo della velocità della tramvia.
E dall’araldo annunciatore, il soprannome al mezzo “Gamba de Legn”.
E questa signore e signori, è l’immagine della conclusione della sua storica esistenza. Sono le 19,14 del 31 agosto 1957.
Il piccolo tramvai a vapore che per quasi ottant’anni ha garantito i collegamenti fra Milano e i paesi del circondario, si accinge a compiere l’ultimo viaggio della sua gloriosa esistenza. Lo conduce il Marmonti. “El Luisin” lo conoscono tutti, praticamente aveva passato la vita sul “Gamba de Legn”, era la sua casa, ed è duro il magone che gli rode la gola mentre fa marciare il tramvai con un incedere lento e difficoltoso, non tanto per la vetustà dei macchinari, ma per l’immensa folla che riempie strade, piazze, viali, per tributargli l’ultimo affettuoso saluto.
I più vecchi, appoggiati ai portoni delle case, guardano la macchina e le carrozze e tornano indietro nel tempo, e i loro occhi vedono i commilitoni feriti della Grande Guerra – quelli del ’16 e del 17 e del ’18 – che in quelle carrozze avevano trovato conforto.
E i giovani uomini e le giovani donne che nel 1943 erano ancora ragazzini, in quel giorno d’estate del 1957 ricordano come dopo i bombardamenti disastrosi che squarciarono Milano in quell’anno tremendo, fu proprio il “Gamba de Legn” a rimorchiare le vetture tranviarie abbandonate nelle strade, per evitarne la distruzione.
“Ciao, Gamba de Legn, cerca de godètela la pensiòn.”