L’inizio della costruzione della chiesa è in data 1503.
La sua architettura interna vede un’aula pubblica anteriore, destinata ai fedeli, e una posteriore molto più grande, destinata alle monache del monastero che potevano assistere alle funzioni solo attraverso una pesante grata che occupava tutto l’arco sopra l’altare; per rendere possibile la visione, il livello del pavimento nello spazio conventuale era più alto di mezzo metro.
Alla fine del Cinquecento il convento venne raggiunto dal volere dell’Arcivescovo Carlo Borromeo: la grata doveva essere ristretta per rendere più rigido il regime claustrale.
In ottemperanza alle prescrizioni impartite dall’Arcivescovo, nello spazio rimasto vuoto, verrà poi collocata la pala d’altare de “L’Adorazione dei Magi” del cremonese Antonio Campi, artista molto apprezzato da Carlo Borromeo.
“Far di sua mano la tela a olio per l’altare grande de la Giesia. La pittura sarà il “Mistero de la Adorazione dilli Tri Maggi et sue circumstantie” .
L’unicità che rende celebre il tempio è l’imponente decorazione ad affresco, probabilmente iniziata da Antonio Boltraffio della scuola di Leonardo; quest’ultimo in quegli anni lavorava in città alla realizzazione della “Vergine delle Rocce”.
Per la realizzazione dell’opera, che vede spiccare fra gli altri artisti Bernardino Luini. il più apprezzato dall’aristocrazia, il finanziamento più consistente fu quello elargito dalla potente famiglia dei Bentivoglio: Alessandro, Governatore di Milano e la consorte Ippolita figlia di Carlo Sforza, figlio illegittimo di Galeazzo Maria Duca di Milano.
Alcune figlie della coppia verranno destinate al Convento di San Maurizio, di cui la figlia Alessandra diventerà Badessa.
Il convento fra i più ricchi e importanti di Milano, fu soppresso dalla Repubblica Cisalpina nel 1798.
Nei secoli adibito altrimenti.
Infine diventerà il Civico Museo Archeologico di Milano, con le sue preziose raccolte.
Giovanna Ferrante