Via Cesare Correnti è una delle vie più antiche di Milano. Dapprima si chiamava Contrada S. Simone, prendendo nome da una chiesa che nel 1810 si trasformerà in Teatro.
Spettatore fedele sarà Cletto Arrighi, anagramma del nome dell’avvocato Carlo Righetti, un uomo stravagante dinamico appassionato di scrittura e di teatro, esponente della Scapigliatura.
Scriverà di lui il critico Renato Simoni: “Nel romanzo, nel teatro, sui giornali, combattè, assaltò, sbagliò anche, sempre a passo di corsa; un poco affarista un poco letterato, sempre diviso fra la musa dell’arte, la borghesia, ed il demonio potente del gioco.“
E Cletto Arrighi scriverà ben 39 commedie in milanese; sarà famoso in quei suoi anni, ma poi la vita disordinata, il gioco d’azzardo al quale perderà somme ingenti lo costringeranno ad una morte in miseria, dimenticato da tutti.
Al Teatro S. Simone il nostro Arrighi un giorno scopre Edoardo Ferravilla, la cui madre è una attrice di varietà e il padre naturale un marchese. Sua madre muore quando lui ha sei anni e il padre praticamente non esiste. Edoardo viene adottato da un tutore che vorrebbe far di lui un contabile, ma la passione per il teatro e la naturalezza dell’interpretazione delle commedie in milanese, lo avviano alla carriera di attore. Il debutto in un teatro più nobile, lo Stabile Milanese in Corsia dei Servi, lo vede protagonista proprio di una commedia di Cletto Arrighi “El barchett de Boffalora”; dopo le prime cinque sere di desolante insuccesso sarà memorabile il trionfo per ben cento repliche successive.
Edoardo Ferravilla diventa l’idolo delle folle con i suoi ruoli di Tecoppa, Gigione, Massinelli. Abiterà sempre e vi morirà nella sua casa di Cesare Correnti 17.
Rimaniamo in Porta Ticinese. Dal Carrobbio a sinistra, in Via Gian Giacomo Mora. Dal capitolo 34° de I Promessi Sposi
“Mora, nome che per un pezzo conservò una celebrità municipale d’infamia e ne meriterebbe una ben più diffusa e perenne di pietà”. Ancora Manzoni, con La Colonna Infame “Sorgeva proprio qui la sua abitazione, in questa viuzza allora chiamata Vetra dei Cittadini. E c’era anche la sua bottega di barbiere, venditore di unguenti e pozioni per guarire piccoli malanni.”
Qui, ove s’apre questo largo, sorgeva un tempo
a bottega del barbiere Gian Giacomo Mora che,
ordita con il commissario di sanità Guglielmo Piazza e con altri
una cospirazione, mentre un’atroce pestilenza infuriava,
cospargendo diversi lochi di letali unguenti,
molti condusse ad un’orrenda morte.
Giudicati entrambi traditori della patria, il Senato decretò
che dall’alto di un carro prima fossero morsi con tenaglie roventi,
mutilati della mano destra, spezzate l’ossa degli arti,
intrecciati alla ruota, dopo sei ore sgozzati, bruciati e poi,
le ceneri disperse nel canale.
Parimenti diede ordine che ad imperituro ricordo, la fabbrica
ove il misfatto fu tramato fosse rasa al suolo né mai più ricostruita,
sulle macerie eretta una colonna da chiamare infame.
Lungi adunque da qui, alla larga probi cittadini,
che un esecrando suolo non abbia a contaminarvi!
Addì 1 Agosto 1630 – Alessandro Manzoni
Fra Luglio e Agosto 1630 Milano è vittima della denominazione spagnola e vittima della peste.
Il popolo rifiuta l’igiene profilattica, non teme la diffusione dall’uno all’altro, teme gli untori. E l’accusa raggiunge Gian Giacomo Mora, è sicuramente lui che ha confezionato l’unguento maledetto e ha anche un compare, tal Guglielmo Piazza, untore dei muri e delle porte per diffondere il morbo.
Estorta la confessione sotto tortura, il Senato ordinò punizione esemplare.
“…e perché nulla restasse di uomini così scellerati, i loro beni confiscati e l’officina del delitto – la bottega di barbiere – distrutta e mai più ricostruita e al suo posto ad eterna memoria venisse eretta una colonna detta Infame.”
Nella seconda metà del ‘700 l’Arciduca Ferdinando, su parere di Cesare Beccaria e Pietro Verri, decise di toglierla. Venne abbattuta nella notte fra il 24 e 25 Agosto 1778. La lapide è conservata in Corte Ducala al Castello Sforzesco.